Lidia Vivoli è una donna forte, estremamente coraggiosa, che ha voluto mostrare su Facebook le immagini della violenza subìta 5 anni e mezzo fa dall’ex fidanzato. Quarantuno pugni nello stomaco di chi crede che non ci sia differenza tra uomo e donna. Che un litigio sia un litigio. Che in nome dell’amore si possa odiare fino ad ammazzare.
Quell’uomo che diceva di amarla, ora, sta per tornare in libertà e vive a pochi chilometri da lei. Lidia, come tante altre donne vittime di violenza, chiede di poter ricominciare senza paura: un lavoro e la sicurezza di non dover più incrociare il suo sguardo.
Come giustamente ha detto Nadia nel suo post su Facebook, lo Stato prima dice alle donne di denunciare, di essere forti e poi le abbandona. Lidia, infatti, dopo poco l’aggressione, ha perso il lavoro perché la compagnia aerea per la quale lavorava è fallita e nessuno l’ha più aiuta a trovare un lavoro.
E allora, da qui l’idea: chiedere al Ministro del lavoro di inserire le donne vittime di violenza tra le categorie protette in modo che possano ricostruirsi una vita lontano dai luoghi, e spesso dalle persone, che hanno segnato la loro esistenza. Tra le categorie protette ci sono i reduci della Seconda guerra mondiale, ma le donne vittime di violenza non sono anch’esse dei reduci? Portano per tutta la vita ferite fisiche, emotive, psichiche.
Una petizione che ha già raccolto oltre 35mila firme e che vi chiediamo di firmare e condividere: http://bit.ly/Firmalapetizione
Una petizione per ridare una vita a chi l’aveva quasi perduta. Per trovare un lavoro, per rifarsi una vita lontano da quel luogo di dolore, distante dagli sguardi di chi condanna le vittime invece dei carnefici, al sicuro dal terrore di incrociare per sbaglio la strada o lo sguardo del lupo. Perché una donna che ha il coraggio di lasciare un uomo violento non può essere lasciata sola e ha bisogno di sostegno da parte delle istituzioni.
Un impegno, una promessa, una vita, tante vite da salvare, da sostenere. #BastaViolenzaSulleDonne
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